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Intervista alla dott.ssa Catalano, responsabile scientifico del I Executive Master in Senologia

Siamo alle battute finali della prima edizione dell’ Executive Master in Senologia. Per la prima volta un Master rivolto e pensato per tutti gli studenti degli ultimi due anni delle diverse scuole di specializzazione in Medicina. Il percorso formativo si è posto come obiettivo, quello di dotare, i giovani medici partecipanti al master, di specifiche competenze in ambito senologico. Il percorso rientra nel Progetto Obiettivo PSN 2017 dell’Assessorato regionale della Salute – l’offerta oncologica riabilitativa in Sicilia in ambito psiconcologico – coordinato da Maria Luisa Zoda, dirigente del Servizio Progetti Speciali Finalizzati PSN del CEFPAS.

Abbiamo intervistato la Responsabile scientifica dell’executive master, Francesca Catalano, Direttore U.O.C. di Senologia – A.O.E. Cannizzaro di Catania.

Nel panorama delle cure oncologiche l’approccio multidisciplinare in ambito senologico per la cura dei pazienti si impone come una necessità. Per questo dott.ssa Catalano si è sentita l’esigenza, da un’analisi del fabbisogno formativo, di creare un percorso specifico rivolto però agli specializzandi di varie discipline?
Negli ultimi tre anni la Regione Siciliana in ambito sanitario, ha fatto veramente passi da gigante. Per quanto riguarda la rete regionale di senologia bisogna fare un passo indietro. L’anno 2016 era il termine ultimo per l’ identificazione delle cosiddette Breast Unit in tutte le regioni italiane. La breast unit è una unità di senologia all’interno della quale la paziente, affetta da tumore mammario, viene presa in carico e trova tutti gli specialisti in ambito senologico che si prendono cura della sua malattia, come il radiologo senologo dedicato, il chirurgo che fa solo interventi alla mammella, l’anatomopatologo e l’oncologo dedicato.
In realtà ancora nel 2018 non c’era in Sicilia una vera e propria rete dei centri di senologia. Ho chiesto quindi all’assessore Razza di individuare una commissione di esperti in campo senologico che potesse valutare per ogni provincia i centri che erogavano prestazioni nell’ambito della patologia mammaria. Istituita la commissione nel giugno del 2018 ci siamo messi a lavorare. Abbiamo raccolto i dati sulle strutture, sul numero dei casi di tumore mammario presi in carico da ogni singola azienda sia nell’ambito del privato convenzionato che nel pubblico e, una volta raccolti i dati , abbiamo effettuato le cosiddette site visits. Le site visits fatte in ogni centro, hanno evidenziato carenze ma anche eccellenze sul territorio . Spesso mancavano in numero adeguato i professionisti dedicati alla patologia mammaria: o pochi radiologi senologi, o pochi anatomopatologi, o pochissimi chirurghi plastici con competenze in ricostruzione mammaria. Da qui è scaturita l’esigenza di creare un percorso di formazione specifico in abito senologico, che preveda l’integrazione delle differenti specialità per tutti gli specializzandi. Ed è stato il CEFPAS ad occuparsi della realizzazione di questo Executive Master, per l’esattezza il primo in Italia, rivolto agli specializzandi degli ultimi due anni nelle varie discipline , che aspirano a diventare senologi. Senologo inteso in senso lato come chirurgo, come anatomopatologo, come oncologo o come radiologo.

Sotto la lente di ingrandimento del Master anche le terapie chirurgiche ricostruttive e le strategie oncologiche.
Oggi non si può parlare di “Breast Unit”, quindi di unità di senologia di alto livello, se non c’è all’interno la collaborazione quasi quotidiana con un chirurgo plastico che abbia specifiche competenze nell’ambito della ricostruzione mammaria. Quindi una struttura, ma non soltanto in Sicilia ma in tutto il mondo, si può definire una Breast unit d’eccellenza se all’interno vi è la presenza di un chirurgo plastico con le suddette competenze. Succede sistematicamente che la paziente chieda come verrà il suo seno nel momento in cui si sottoporrà all’intervento di asportazione completa della mammella o quale asimmetria ci sarà fra le due mammelle quando una di queste è coinvolta nella malattia. Le risposte esaustive non le può dare semplicemente il chirurgo oncologo che opera la paziente ma occorrerebbe anche la presenza del chirurgo plastico che può utilizzare tecniche molto diverse a secondo del caso. Si potrebbe utilizzare lo stesso materiale protesico che si utilizza per esempio nelle additive oppure si potrebbe utilizzare anche il tessuto della stessa paziente, in questo caso si tratterebbe di “ricostruzione autologa”, un tipo di intervento in cui si utilizzano gli stessi lembi provenienti dall’ addome o dal gran dorsale. Ecco perché sottolineo la necessità di creare un approccio multidisciplinare.

Un altro tema importate su cui si è deciso di dare un ampio spazio all’interno del percorso formativo è la riabilitazione della donna attraverso il supporto psicooncologico, e il trattamento fisiatrico e fisioterapico.
E’ auspicabile che una Breast Unit abbia rapporti di collaborazione con la fisiatria, e nel caso in cui non ci fosse nello stesso Ospedale ,si potrebbe procedere con delle convenzioni con altri ospedali quindi tra strutture pubbliche. La paziente, soprattutto quando si tratta di una persona anziana, ha la necessità prima di essere operata e dopo l’intervento, di essere visitata e accompagnata in un percorso di riabilitazione. Il fisioterapista e fisiatra sono importanti per evitare il linfedema, anche quando togliamo un solo linfonodo il cosiddetto linfonodo sentinella, la paziente anziana che ha già magari una artrosi della spalla, deve essere aiutata si dal primo giorno post operatorio. Non meno importante è il supporto psiconcologico: la chemioterapia è la tappa più delicata del percorso e la donna l’accetta con più difficoltà rispetto all’intervento chirurgico. Quando si parla di chemioterapia la presenza e l’affiancamento di uno psicologo particolarmente competente nell’ambito oncologico, può aiutare a gestire gli aspetti emotivi del paziente. In particolare, affrontare i momenti di tristezza, rabbia, ambivalenza e ansia che naturalmente accompagnano le fasi della malattia e che possono, se ben gestiti, essere utilizzati come elementi propulsivi di trasformazione e cambiamento senza che diventino esplosivi e distruttivi.

Il ruolo dell’infermiera dedicata, che ha il compito di accompagnare la donna nel corso di tutto l’iter di cura e trattamento, dalla comunicazione della diagnosi alle terapie è un tasto importante, infatti voi avete deciso di trattarlo all’interno del percorso formativo.
L’infermiera professionale dedicata ha un’importanza rilevante perché è quella che ha il primo contatto con la paziente. L’infermiere che lavora nei reparti di oncologia, infatti, ricopre un ruolo di primo piano nel percorso di cura e assistenza: segue il malato a 360 gradi e deve mettere in atto competenze di natura tecnica, relazionale ed educativa nella prevenzione, nella cura e nella riabilitazione. Il percorso diagnostico-terapeutico viene stabilito dal medico invece il prelievo, la cartella clinica e l’anamnesi vengono gestite tra il Case Manager e il medico di reparto. L’ infermiere Case Manager rappresenta quindi il punto di riferimento per il paziente che arriva in struttura, a garanzia dell’appropriatezza e della continuità dell’assistenza erogata e ha l’obiettivo di integrare gli interventi necessari, evitando la frammentazione e la casualità, che spesso sono la causa della percezione di una cattiva qualità dell’assistenza. Ma non solo, può anche fornire consigli, chiarire dubbi e ridurre ansia e timori al paziente. Per questo abbiamo voluto inserire all’interno di questo percorso una parte dedicata a questo argomento.

Particolare importanza si è dato al confronto tra specialisti su linee guida e percorsi diagnostico terapeutici e sulla individuazione condivisa della strategia di cura per ogni singolo caso.
Durate le sessioni formative ho sottoposto all’attenzione dei nostri discenti alcuni filmati di meeting svolti tra tutte le figure professionali che prendono in carico il paziente in questione. E’ un momento fondamentale della settimana in cui si portano sia i casi preoperatori, che vengono discussi in maniera multidisciplinare, ma anche i casi post-operatori. Al meeting partecipano anche la Case Manager e lo psiconcologo soprattutto nei casi in cui si vogliono segnalare dei disagi che la paziente ha mostrato durante il ricovero e durante il percorso diagnostico-terapeutico. Quindi abbiamo voluto dare ai ragazzi un’immagine concreta di come deve essere concepito un meeting. E’ importante dire che in occasione di questi meeting settimanali noi medici firmiamo un documento contenente il tipo di terapia da effettuare. E’ un documento ufficiale e legale che viene poi consegnato alla paziente che potrà utilizzare ogni qualvolta vuole avere per esempio una second opinion presso un’altra struttura. In quest’ultimo caso non dobbiamo pensare che ci stia mancando di rispetto o di fiducia. Anzi questo documento serve anche a superare gli eventuali pregiudizi sul confronto tra specialisti che ci possono essere.”

Oggi i tumori rappresentano il maggior problema di sanità pubblica. La sopravvivenza a questa patologia negli ultimi anni è però aumentata in tutti i paesi occidentali ed a confermarlo sono gli ultimi dati riportati nei Registri Tumori Italiani (RTI). In Italia ci sono circa 1,5 milioni di persone che vivono con il cancro e circa la metà di loro sono lungoviventi o guariti. Un lungovivente oncologico è un paziente ad alto rischio oncologico ed è ad alto rischio di problemi psicologici, psichiatrici, endocrino-metabolici, alimentari, legali (legati a periodi lunghi di assenza dal lavoro). E’ importante puntare i riflettori su questi ultimi temi?
Sarebbe veramente auspicabile che ogni breast unit, ogni struttura che eroga una prestazione oncologica, avesse all’interno un nutrizionista. La figura del Nutrizionista in ambito Oncologico risulta essere cruciale per il paziente per sostenere dignitosamente le terapie invasive. Occorrerebbe, infatti, prescrivere una dieta ad hoc proprio per la patologia. Una dieta che andrebbe modulata in base al fabbisogno alimentare del momento, in base al disturbo, in base alla chemioterapia. Sarebbe un mio desiderio, spero al più presto realizzabile, la presenza di un nutrizionista dedicato all’interno delle Breast Unit. Per quanto riguarda la tutela legale, le strutture pubbliche coprono poco. Succede spesso che la paziente si rivolga al patronato o altre istituzioni per avere una maggiore garanzia che i suoi diritti vengano rispettati. Ribadisco l’ importanza di potere eseguire una diagnosi precoce e quindi l’importanza della prevenzione perché un tumore di piccolissime dimensioni ha maggiori opportunità di guarigione, ma porta anche con sé conseguenze meno gravose dal punto di vista lavorativo, ovvero meno giornate tolte al lavoro.
Quindi è importante fare prevenzione anche per altri motivi come appunto l’assenza dall’ambiente lavorativo, ricoveri molto piu brevi con il ritorno a casa con molta piu serenità. La ripresa post operatoria in questi casi avviene veramente in pochissimi giorni. A questo punto un appello è d’obbligo: aderire agli screening, che funzionano con l’invito a casa ogni due anni, indirizzato alle donne che vanno dai 50 ai 69 anni. Le donne che sono nella fascia d’età 40/49 anni devono provvedere autonomamente per una mammografia a cadenza annuale perché non vengono contemplate all’interno dello screening. È chiaro che nel momento della pandemia abbiamo avuto un calo vertiginoso di questi tipi di esami, tanto è vero che adesso stiamo trovando all’interno degli ambulatori dei casi di tumori della mammella in uno stadio un po’ più avanzato. Purtroppo è una delle conseguenze più rilevanti della pandemia.


Sul prosieguo di questo importante Executive Master, realizzato nell’ambito del PSN linea progettuale 6 Reti oncologiche, si pronuncia Maria Luisa Zoda, Responsabile del progetto PSN e psiconcologa “E’ un percorso che si sta concludendo che ci ha portato grandi soddisfazioni e ha trasmesso un importante Know how in ambito senologico agli specializzandi del territorio siciliano, con approfondimenti importanti anche in ambito psiconcologico. Abbiamo potuto vantare la presenza, all’interno delle nostre sessioni formative, di professionisti di eccellenza nel campo della Senologia, anche a livello internazionale, tra cui ad esempio il luminare e chirurgo prof. Virgilio Sacchini, il quale ci ha parlato del funzionamento del percorso della donna con carcinoma alla mammella in USA, facendo una panoramica e regalandoci degli spunti importanti per una pratica clinica. Adesso stiamo lavorando ad un piano di azioni e contenuti che si tradurrà presto in percorsi formativi di approfondimento in questo ed anche negli altri settori oncologici.

A cura di Rosanna Cammalleri – Servizio Comunicazione Cefpas

Intervista alla dott.ssa Catalano, responsabile scientifico del I Executive Master in Senologia

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