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“Chi lavora nella sanità siciliana deve farlo come se lavorasse in una terapia intensiva”: la nostra intervista all’assessore alla Salute Daniela Faraoni

Daniela Faraoni, assessore alla Salute della Regione Siciliana

Dal 21 gennaio 2025, Daniela Faraoni è il nuovo assessore alla Salute della Regione Siciliana. L’ex direttore generale dell’Asp di Palermo è subentrata a Giovanna Volo che ha rassegnato le dimissioni dall’incarico di governo lo scorso 16 gennaio. Laureata in Giurisprudenza all’Università di Urbino, Faraoni ha una lunga carriera nella sanità siciliana, dove è stata direttore generale dell’Asp di Palermo oltre che direttore amministrativo delle Asp di Catania, di Caltanissetta e dell’Ao Villa Sofia Cervello di Palermo. L’abbiamo intervistata per fare una panoramica delle questioni più delicate che gravitano attorno alla sanità dell’isola.

  • La sanità siciliana vive un momento delicato tra lunghe liste d’attesa, mancanza di posti letto e carenza di medici negli ospedali. Lei ha un ruolo molto difficile, da cosa partire?

Innanzitutto da una riorganizzazione complessiva che deve muovere naturalmente dalla considerazione che la sanità in questi ultimi anni sta cambiando completamente volto. Ha cambiato volto dopo la pandemia, obbligatoriamente, perché la pandemia ci ha portato ad una visione di un’organizzazione che sia quanto più possibile vicina al cittadino, più una medicina di prossimità, una medicina di azione, una medicina che deve mettersi in relazione con il paziente e governarne i bisogni. Quindi cambia un po’ il baricentro dell’organizzazione sanitaria: da un’organizzazione sanitaria in attesa della domanda del paziente, ad una sanità che ha una vocazione a dover mettere in ordine le modalità di soddisfacimento dei bisogni del paziente. Questo naturalmente comporterà una riorganizzazione dei nostri servizi che, grazie anche alle misure del PNRR, ci consentiranno di costruire sul territorio delle realtà che, a breve, entreranno in funzione su tutto il territorio regionale e che dovranno modificare l’approccio all’attività sanitaria. Il cittadino deve rimanere il più possibile nella propria residenza domiciliare, da lì deve essere però naturalmente preso in carico e quindi con l’erogazione di tutte le cure che sono necessarie, ove possibile presso il proprio domicilio. Se questo domicilio non è sufficiente per il tipo di assistenza che si richiede, potrà anche trovare accoglienza nell’ospedale di comunità che ricordiamolo non è un ospedale vero e proprio, ma è un luogo che diventa articolazione dello stesso domicilio del paziente, dove il medico di medicina di base dovrà andarlo anche a curare, dove potrà andare l’ADI (assistenza domiciliare integrata, ndr) e dove troverà comunque un servizio infermieristico h24 e anche un’assistenza sanitaria di continuità medica che, ovviamente, lo mette in sicurezza. Tutto questo perché il cittadino possa rivolgersi il meno possibile e solo dove vi sia un reale bisogno dentro l’ospedale. L’ospedale dovrà essere l’accoglienza pronta, immediata, ma per l’emergenza, per l’acuzie e per tutto ciò che ha un’importanza o una complessità tale da trovare accoglienza dentro l’ospedale per acuti. È un lungo cammino che è un cammino anche culturale, è un cammino in cui dovremo cambiare anche la mentalità del nostro cittadino quindi non sarà facile perché tutti i cambiamenti culturali almeno dal punto di vista antropologico non si realizzano certamente in due anni e mezzo, ma dovremo cominciare a creare le basi di questa nuova organizzazione.

  • A proposito di liste di attesa, è pronto il nuovo Piano nazionale di gestione delle liste d’attesa 2025-2027 che va ad aggiornare il precedente Piano 2019-2021. Il nuovo documento elaborato dal Ministero della Salute e trasmesso alle Regioni punta a migliorare l’accesso ai servizi sanitari per i cittadini. L’obiettivo principale del Piano è ridurre i tempi di attesa per visite specialistiche e ricoveri programmati, garantendo maggiore trasparenza e accessibilità ai servizi grazie alla creazione di un sistema di monitoraggio continuamente aggiornato. Cosa ne pensa?

È un ulteriore atto di partecipazione da parte dello Stato ad un problema di grande complessità dei cittadini. Mi verrebbe da dire soprattutto dei cittadini che magari hanno una minore capacità economica di poter far fronte al proprio bisogno ricorrendo magari a un servizio di tipo privato. Quindi è un atto che rientra in quel principio di universalità di cure che, in qualche maniera, lo Stato mette in atto anche attraverso queste forme di finanziamento. Il problema esiste in tutta Italia perché altrimenti non se ne occuperebbe lo Stato. È un problema grave, dobbiamo cercare di mettere in atto anche i sistemi strutturali, informatici e digitalizzati che, però, in questo momento mi pare che segnino il passo per la loro realizzazione.

  • Qualche settimana fa, parlando ai direttori generali ha utilizzato una metafora forte dicendo che “la sanità siciliana è in terapia intensiva”. Cosa intendeva?

La ringrazio per questa domanda perché probabilmente nel modo in cui l’ho detta non si è compreso. Io ho detto che chi opera e chi lavora nella sanità siciliana deve lavorare come si lavora in una terapia intensiva. Ovvero siamo noi operatori che, nell’organizzazione pubblica, dobbiamo affrontare i temi che riguardano la sanità siciliana con quella cura h24, con un monitoraggio continuo e una verifica continua dei risultati che, come si fa in terapia intensiva, ci consentano di portare la nostra organizzazione fuori da un momento di difficoltà e di criticità nel più breve tempo possibile perché il principio è anche una guerra che abbiamo in corso contro il tempo. Noi abbiamo da recuperare un tempo molto esteso, non abbiamo più spazi perché ormai si parla anche di autonomia differenziata, noi potremo trovarci pronti soltanto se agiamo come se fossimo in terapia intensiva dunque con un monitoraggio e una costante presa in carico dei nostri sistemi affinché questi possano adeguarsi alle nuove necessità organizzative.

  • Da tanto tempo l’Assessorato regionale della salute e il CEFPAS collaborano proficuamente nella gestione delle attività formative. Quali sono i suoi progetti per il Centro?

Ancora non ho avuto modo di prendermi carico dell’organizzazione o di quelli che sono gli atti di programmazione del Centro. Gli riconosco la capacità e la valenza di un Centro che può agire in sintonia con gli assetti sanitari e con la Regione per uniformare anche i processi di formazione di questa Regione proprio in funzione delle innovazioni che dobbiamo affrontare e realizzare nel più breve tempo possibile.

  • I dati GIMBE rilevano come nel 2022 la mobilità sanitaria interregionale abbia raggiunto la cifra record di 5,04 miliardi, il livello più alto mai registrato e superiore del 18,6% a quello del 2021 (€ 4,25 miliardi) e un peggioramento dello squilibrio tra Nord e Sud, con un flusso enorme di pazienti e di risorse economiche in uscita dal Mezzogiorno verso Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Come ridurre questo gap?

Intanto agendo sulla qualità dei nostri servizi e sulla possibilità di un facile accesso alle cure all’interno della nostra organizzazione regionale. Ovviamente facendo delle verifiche su quelle parti che vanno probabilmente cambiate e ampliate in funzione di questa domanda sanitaria che invece prende il volo verso altre regioni. Dove, lo voglio ricordare, l’attività non è solo pubblica, ma è anche privata, quindi se andiamo a finanziare l’economia delle altre regioni, perché di questo di fatto si tratta, dove però l’attività sanitaria viene erogata indifferentemente da soggetti pubblici e privati, non comprendo perché non debba fare un’operazione all’interno della Regione che possa coinvolgere pubblici e privati da poter trarre e soddisfare all’interno della Regione una domanda sanitaria per la quale possiamo sicuramente attrezzarci se la gestiamo con intelligenza e con raziocinio.

Ovviamente dovrà cambiare l’approccio della sanità privata perché dovrà integrarsi con quella pubblica e dovrà cambiare l’approccio della sanità pubblica che dovrà tendere ad una qualità di servizi sicuramente più elevata, ma anche una capacità di ricezione più disponibile. In questo momento noi assistiamo in alcuni casi a delle contrazioni non perché non abbiamo le professionalità, ma perché certe volte i nostri spazi non sono utilizzati nel migliore dei modi, per cui la ricezione all’interno degli ospedali trova molto spesso degli ostacoli che si riflettono sul pronto soccorso che non riesce a distribuire i pazienti dentro i reparti. E talvolta questo è determinato proprio dal fatto che c’è un impiego dei tempi dilatati, forse dobbiamo integrare con il territorio in maggiore misura affinché all’interno dell’ospedale si resti il meno possibile.

Dobbiamo poi avviare le strutture di riabilitazione, ricordo che su questo in Sicilia siamo notevolmente in ritardo, dobbiamo attivare le strutture di lungo degenza, dobbiamo naturalmente adesso con gli ospedali di comunità riuscire a contrarre quanto più possibile la presenza del paziente all’interno dell’ospedale. Quindi è un’attività che dobbiamo comunque pensare come un coacervo di azioni: non c’è un’azione che la risolve, ma è l’insieme delle azioni che mette il sistema in equilibrio e in armonia.

  • Quali sono le priorità che dovrà affrontare il suo successore all’Asp di Palermo?

Spero che il mio successore all’Asp di Palermo trovi un’azienda già messa in marcia, pronta a camminare con una certa velocità, che ha innovato molti dei suoi spazi e delle sue organizzazioni, che ha evoluto molto anche la metodologia di approccio alle attività. Tutto quello che stiamo ora cercando di pensare per la Regione l’abbiamo già pensato in quella realtà e mi auguro che chi verrà possa poterne usufruire per mettere in corsa una macchina che, all’inizio, ha avuto qualche momento di difficoltà, che tutti conosciamo.

L’intervista è stata realizzata da Ilenia Inguì, Dirigente del Servizio Comunicazione del CEFPAS.

Fonte foto: Ufficio stampa Regione Siciliana

“Chi lavora nella sanità siciliana deve farlo come se lavorasse in una terapia intensiva”: la nostra intervista all’assessore alla Salute Daniela Faraoni

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