Il 21 maggio e l’11 giugno si sono svolte al CEFPAS rispettivamente la prima e la seconda edizione del Corso di formazione sui PDTA nella rete oncologica regionale, rivolto ai medici oncologi e agli infermieri dei reparti di oncologia delle strutture della rete oncologica siciliana. Il Corso, realizzato nell’ambito del Progetto REOS (Progetto Rete Oncologica Siciliana), promosso dal Servizio 4 “Programmazione Ospedaliera” del Dipartimento Pianificazione Strategica dell’Assessorato regionale della Salute e di durata quinquennale, ha voluto approfondire il funzionamento delle Rete Oncologica nella Regione Sicilia delineando l’importanza dei Percorsi Diagnostici Terapeutici di Assistenza in oncologia e individuandone le potenzialità e i margini di miglioramento. I relatori sono stati Roberto Bordonaro, Direttore del Dipartimento di Oncologia dell’ARNAS Garibaldi di Catania e Livio Blasi, Direttore UOC Oncologia Medica dell’AO Civico di Palermo che abbiamo intervistato.

Intervista Roberto Bordonaro
- La Rete Oncologica Siciliana (Re.O.S.) è stata istituita nel novembre 2014 con la finalità di migliorare la qualità della diagnosi, delle cure e della sicurezza per i pazienti oncologici in Sicilia. Quali sono i vantaggi della Rete per il paziente oncologico e in che modo potrebbe essere migliorata?
Le reti di patologia si pongono come obiettivi l’omogeneizzazione dei percorsi di diagnosi e cura su tutto il territorio di riferimento, la garanzia della equità di accesso a tutta la popolazione, l’integrazione multidisciplinare e multiculturale tra tutti gli operatori della filiera sanitaria, l’allocazione efficiente delle risorse e il contenimento dei costi. Come possiamo facilmente dedurre, si tratta di obiettivi ambiziosi e di grande impatto sociale, oltre che economico, il cui raggiungimento richiede elevate capacità di gestione e programmazione che derivino da un impegno pieno e costante di tutti gli stakeholders coinvolti, dalle istituzioni agli operatori, dal terzo settore all’utenza.
L’oncologia è per sua stessa natura paradigma compiuto della multidisciplinarietà; impossibile immaginare di disegnare un corretto percorso di diagnosi e cura di una patologia tumorale senza il coinvolgimento di specialisti di estrazione culturale diversa. Allo stesso tempo, il momento storico che stiamo vivendo impone la sperimentazione di modelli di governo clinico-gestionale innovativi che siano in grado di coniugare efficacia degli interventi con efficienza della gestione di risorse che, ahimè, sono in progressiva contrazione ormai da anni. La sfida che attende chi si occupa di programmazione sanitaria è quindi lo sviluppo di nuove modalità di integrazione dei vari momenti del percorso di diagnosi e cura dei tumori e di ottimizzazione delle risorse, strutturali, organizzative, tecnologiche e umane.
- Tra gli obiettivi della Rete quelli di creare dipartimenti oncologici e gruppi multidisciplinari (GOM) e di implementare i principali Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) oncologici. Quali sono le caratteristiche per un PDTA efficace?
È appunto questo uno dei punti nodali dei processi organizzativi in cui maggiore deve essere l’impegno di chi è chiamato a gestirne l’implementazione e lo sviluppo. Il percorso diagnostico-terapeutico assistenziale (PDTA) oncologico deve essere restituito al proprio ruolo di strumento di governo clinico all’interno di reti integrate a livello locale e regionale e non più inteso, come purtroppo è avvenuto ed ancora avviene, come “finalità” della rete. Un PDTA oncologico davvero efficace deve declinare chi, come, dove e quando fa una determinata prestazione sanitaria, basandosi in maniera realistica sulla disponibilità di risorse e sulla entità e qualità della domanda di salute che proviene dalla popolazione; ben lungi dal pretendere di assurgere al ruolo di “linea guida” (del tutto al di fuori delle possibilità dei tavoli tecnici che vengono chiamati a redigerli) i PDTA oncologici devono tornare ad essere “carte di navigazione” per gli operatori, il management e gli utenti.
I Gruppi Multidisciplinari Oncologici (GOM) chiamati all’applicazione concreta delle indicazione contenute nei PDTA, dovrebbero radicalmente rivedere le proprie modalità operative, adottando modelli più attuali e “resource saving”, utilizzando tecnologie per meeting da remoto e sviluppando momenti interattivi “asincroni”, al fine di transitare dall’attuale approccio “pathology-centered”, che ne fa strumento rigido e poco adattabile, ad un approccio “problem-specific centered”, molto più funzionale per garantire l’efficientamento e la resa del percorso di cura. Dovrebbe inoltre essere scontato che la sola decretazione dei PDTA è misura insufficiente per perseguire gli obiettivi di rete oncologica; essi vanno iscritti in modelli di concreta integrazione tra le diverse strutture sanitarie che garantiscano la reale messa in comune delle risorse umane, tecnologiche e strutturali e che promuovano la compartecipazione attiva di tutti gli attori della filiera sanitaria oncologica.
- Il ministro Schillaci ha illustrato recentemente alla Camera le misure per ridurre le liste d’attesa oncologiche con particolare riferimento alle visite di follow-up oncologiche. Cosa ne pensa del Percorso Ambulatoriale Complesso e Coordinato (PACC) che diverse regioni e province autonome stanno sperimentando? Crede sarà utile per snellire le liste d’attesa?
Il sistema sanitario si trova in un momento storico di particolare criticità: il progressivo invecchiamento della popolazione, con quanto ne consegue in termini di polimorbidità, aumento della prevalenza delle patologie croniche ed oncologiche e l’altrettanto significativo incremento delle famiglie mononucleari, si traducono in progressivo aumento del rischio di marginalizzazione sociale ed economica. In ambito oncologico, a ciò si aggiunga l’aumento di efficacia delle cure da cui è derivato un importante aumento dell’aspettativa di vita per molti setting di patologia e il progressivo aumento della spesa da sostenersi per l’acquisto di farmaci, dispositivi medici ed utilizzo di tecnologie avanzate. Il tutto si iscrive in un contesto professionale fortemente condizionato da gravi errori di programmazione commessi nei decenni passati, dalla disaffezione nei confronti del sistema sanitario pubblico e dalla crescente crisi vocazionale nei confronti delle professioni sanitarie.
Tutto questo ci obbliga ad una rigorosa applicazione di criteri di appropriatezza delle prestazioni ed il follow-up oncologico potrebbe esserne luogo privilegiato. Traendo anche spunto dai fondamenti su cui è stata basata la legge 193 del 7 dicembre 2023 sull’oblio oncologico, bisognerebbe prendere atto di come, in molti setting di patologia tumorale, i controlli continui e ripetuti per lungo tempo su pazienti asintomatici siano del tutto inutili e possano, e debbano, essere espunti dai programmi di follow-up. Per quanto attiene le agende dedicate per gli accertamenti strumentali, è lapalissiano affermare che occorrono percorsi privilegiati per i pazienti oncologici, in cui il successo delle cure è fortemente condizionato da tempestività e qualità del servizio. Molte aziende sanitarie, e tra queste anche l’ARNAS Garibaldi in cui ho l’onore di operare, adottano questo modello da tempo ed è in base a questa esperienza più che ventennale che posso affermare che è il modello vincente.
- Dai dati della sesta indagine nazionale sullo stato di attuazione delle Reti Oncologiche Regionali pubblicati lo scorso mese da AGENAS, le regioni meridionali, in particolare Campania, Calabria e Sicilia, registrano un alto tasso di pazienti che si spostano verso strutture del Centro-Nord per ricevere cure mediche adeguate con un impatto economico significativo. In qualità di Presidente del GOIM (Gruppo oncologico dell’Italia meridionale), come si potrebbe ridurre questa migrazione sanitaria?
I pazienti migrano alla ricerca di offerta sanitaria per molti motivi diversi; intercettare i bisogni clinici insoddisfatti è la prima operazione da farsi. Purtroppo la Rete oncologica siciliana, istituita nel 2019, non ne è stata fino ad oggi capace. Il potenziamento dell’offerta sanitaria in quei setting di patologia che richiedono elevate expertise chirurgiche, il rinnovamento tecnologico continuo, la vera e compiuta integrazione delle strutture sanitarie di diritto pubblico, nelle quali troppo spesso le eccellenze professionali continuano ad essere distribuite a macchia di leopardo, una seria politica di investimenti in innovazione, ricerca e traduzione nella pratica clinica quotidiana dei risultati di quest’ultima frenerebbe certamente in parte, se non del tutto, questo esodo. Sono questi i temi principali da porsi se realmente si vuole porre un argine alla migrazione sanitaria oncologica.
- Nel futuro dell’oncologia medica l’intelligenza artificiale potrà giocare un ruolo fondamentale nel trattamento dei tumori, qual è il suo punto di vista?
Io sono un “boomer”, appartengo cioè ad una generazione che ha “subìto” la rivoluzione informatica, più che viverla da protagonista. Ciò nonostante, ripongo certamente molte aspettative sul progresso degli strumenti di intelligenza artificiale, sempre augurandomi che coloro che ne guidano lo sviluppo riescano sempre a distinguere chiaramente tra il “mezzo” (l’intelligenza artificiale, le procedure di machine-learning, i soft-robots, etc..) e il “fine” che resta e deve sempre restare, il miglioramento dei livelli di salute pubblica. Una certezza, una soltanto, in questo ambito la coltivo: neanche i programmi più evoluti potranno mai fare a meno di una interfaccia con l’operatore sanitario umano, perché la medicina è certamente scienza, ma resta anche, e lo sarà sempre, arte.

Intervista Livio Blasi
- Quali sono i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) approvati e attivati nella Regione siciliana?
I PDTA attivati in Sicilia con delibera regionale sono: tumore del polmone, tumore del colon-retto, tumore dell’ovaio, tumore della prostata, tumore della tiroide, melanoma, oltre naturalmente a tutto il percorso per identificazione delle Breast Unit.
- Il Rapporto 2024 dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) che fotografa lo stato di attuazione delle Reti Oncologiche Regionali (ROR) sottolinea la necessità di rafforzare la componente multidisciplinare delle Reti Oncologiche attraverso PDTA aggiornati. In che modo si possono implementare i PDTA nella gestione dei diversi tipi di tumore?
I PDTA sono uno strumento di governance importante per efficientare la complessità della presa in carico del paziente fin dal primo accesso per seguirlo poi in tutto il percorso di diagnosi e cura senza sottovalutare la fase di follow-up, visto che, oggi, la prevalenza dei pazienti affetti da cancro è di circa 3,7 milioni. I PDTA necessitano di verifiche periodiche valutando gli indici di esito dei vari processi e nello stesso tempo un aggiornamento continuo delle linee guida considerato che la tecnologia sia strumentale sia farmaceutica corre velocemente modificando le modalità di mantenere un percorso efficiente ed efficace.
- Il Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 prevede 10 milioni di euro per ciascuna annualità per potenziare le strategie e le azioni per la prevenzione, la diagnosi, la cura e l’assistenza al malato oncologico, è un buon punto di partenza nella lotta ai tumori?
Sicuramente per migliorare le strategie da mettere in campo nella patologia neoplastica sarebbero necessari più fondi rispetto ai 10 milioni di euro per annualità messi a disposizione per il PON 2023-207 considerato che ci sono tanti programmi di efficientamento del piano oncologico che interessano la prevenzione, la diagnosi, la cura, in una parola “la presa in carico” dei cittadini per non farli ammalare e/o scoprire il tumore in fase iniziale attraverso gli screening e nello stesso tempo prendere in carico il paziente nella sua complessità. Bisogna sicuramente trovare dei compromessi in questo periodo e pertanto è necessario potenziare la prevenzione e lavorare molto sul follow-up dei pazienti perché sono i due pilastri su cui possiamo ridurre gli sprechi e quindi spostare le risorse verso la diagnosi e cura.
- In Italia nel 2023 (rapporto Aiom) sono stimati 395.000 nuovi casi di tumore, 208.000 nuovi casi negli uomini e 187.000 nelle donne. E la sesta indagine nazionale sullo stato di attuazione delle Reti Oncologiche Regionali condotta da AGENAS evidenzia ancora bassi tassi di adesione agli screening per la mammella, il colon-retto e la cervice uterina. Come si potrebbero migliorare le strategie di diagnosi precoce e cura partendo proprio dai programmi di screening delle principali neoplasie nella popolazione?
Purtroppo ancora oggi abbiamo un basso indice di adesione per gli screening oncologici autorizzati ed è ancora molto bassa anche la vaccinazione contro il papilloma virus per evitare il carcinoma della cervice uterina. Non si riesce ad implementare una vaccinazione, l’unica ad oggi efficace per debellare il carcinoma della cervice uterina. Per poter migliorare i dati sugli screening si dovrebbe fare più informazione sulla popolazione iniziando a sensibilizzare i ragazzi fin dalle scuole elementari, inoltre si potrebbero sviluppare dei modelli di intelligenza artificiale che permetterebbero un maggior contatto e analisi del contesto per potere trovare quelle sacche di resistenza per le quali non decollano gli screening.
- A che punto è il processo di digitalizzazione della Rete, in particolare, della cartella clinica oncologica informatizzata?
Abbiamo la necessità di essere in “rete” e per esserlo abbiamo necessità di parlare la stessa lingua e utilizzare le stesse piattaforme, per fare ciò si dovrebbe stilare un unico modello di refertazione che poi potrebbe essere inserito in quella piattaforma dove tutti gli esperti del settore potranno interagire per migliorare lo stato di salute di una sanità ad oggi malata.
L’intervista è stata realizzata da Ilenia Inguì, Dirigente del Servizio Comunicazione del CEFPAS.

