
Per la prima volta in Italia, il modulo sulla cannabis medica è stato inserito nel programma di studi del corso di Medicina generale, promosso dal CEFPAS. Il seminario si è svolto lo scorso 23 marzo per il triennio 2019-2022 e ha coinvolto quasi duecento medici che stanno frequentando il secondo anno della Scuola di Medicina Generale. Uno dei docenti del corso è Carlo Privitera, specialista in Chirurgia Generale e d’Urgenza che ha tenuto il corso su “Farmaci oppioidi e Cannabis nella terapia del dolore”. Nella nostra intervista ci parla dell’uso in medicina della cannabis terapeutica, in particolare della sua applicazione nelle terapie del dolore.
- Nell’ambito della sua lezione alla Scuola di MMG istituita presso il CEFPAS, ha parlato a oltre duecento medici in formazione sull’utilizzo clinico della Cannabis e dei cannabinoidi nella terapia del dolore. Quanto è importante la formazione continua e l’educazione scientifica dei professionisti della salute su un argomento attuale eppure così divisivo?
L’argomento cannabis non è divisivo. Non ho conosciuto nessun professionista che, avendo approfondito anche solo teoricamente le proprietà biologiche della Cannabis, non ne sia rimasto scientificamente attratto e affascinato. Ciò che crea divisione è la metodologia di approccio al Paziente alla patologia. Il medico ha dimenticato quanto la propria ignoranza (socratica) dinanzi al singolo caso clinico, riconosciuto quale unicità biologica, rappresenti la più forte pulsione verso la costante scoperta scientifica, quella che costantemente spinge a ricercare nuove soluzioni terapeutiche da applicare al singolo Paziente. L’importanza della formazione su un farmaco è determinata dalle sue applicazioni potenziali. La Cannabis e le sue applicazioni potenziali sono tra gli argomenti che più attirano l’interesse della comunità scientifica internazionale e di cui la letteratura scientifica è ricchissima (più di 30 mila articoli su riviste accreditate a livello internazionale). Ma si deve anche sottolineare un aspetto fondamentale del farmaco Cannabis: è un farmaco sicuro e assolutamente maneggevole.
- Per quali patologie è indicata la Cannabis terapeutica e come agisce sul nostro organismo?
Il nostro organismo è dotato di un sistema complesso che è deputato a mantenere il buon funzionamento di ogni singola cellula del nostro corpo. Questo è il Sistema Endocannabinoide (ECS – Endocannabinoid System). Normalmente, infatti, l’ECS permette di adattarci con facilità a stimoli (stressor) di varia intensità e natura. Negli ultimi anni abbiamo scoperto che in tutte le patologie croniche più diffuse (dal dolore cronico della fibromialgia, alle malattie neurodegenerative, alle epilessie e ai tumori) la funzionalità del Sistema Endocannabinoide è ridotta. Per semplificare questo concetto, possiamo pensare a una ghiandola endocrina quale il pancreas che, nel soggetto diabetico, non produce più insulina in risposta al fattore (stressor) che, normalmente, ne induce la secrezione, ovvero il glucosio. La Scienza Medica ha portato alla scoperta dell’insulina quale fattore non più prodotto dal pancreas diabetico (di tipo 1). Allo stesso modo sembra dover intendersi il sistema endocannabinoide, ovvero un sistema complesso che non riesce a rispondere agli stimoli come normalmente fa. Ma a differenza del “pancreas diabetico”, l’ECS è deputato a porre in essere costantemente meccanismi di adattamento all’ambiente circostante e a tutti i fattori di stress che agiscono sul nostro organismo. La Cannabis medica, pertanto, agisce quale terapia “sostitutiva di reintegro” di fattori che non vengono più adeguatamente prodotti. Il percorso di personalizzazione della terapia si basa su quanto appena detto, poiché la risposta agli stressor e la valutazione dell’impatto degli stessi, che siano fisici, chimici o psicologici, è sempre da considerarsi soggettiva.
- Come la Cannabis terapeutica interviene nella terapia del dolore?
La Cannabis agisce a tutti i livelli del controllo del dolore: a livello periferico tende a mitigare l’espressione dei mediatori dell’infiammazione e a livello neurologico interviene sia sui terminali nervosi periferici, sia a livello dei centri superiori modulando la neurotrasmissione e la neuromodulazione del messaggio algogeno. Ma anche in questo caso, non è una terapia standardizzabile.
- Quali sono le principali evidenze scientifiche sull’efficacia terapeutica della Cannabis?
Riconoscendo il ruolo apicale dell’ECS nei processi fisiologici di adattamento, incrementando le conoscenze circa i meccanismi molecolari di azione dei fitocannabinoidi, e, non da ultimo, considerando l’elevato margine di sicurezza del farmaco, l’efficacia terapeutica è già ampiamente nota per ciò che concerne il dolore cronico (anche la cefalea), le malattie neurodegenerative, le malattie autoimmuni, le epilessie farmacoresistenti, le neuropatie, il supporto al paziente oncologico, ma anche l’ansia e la depressione, così come il disturbo da stress postraumatico e i disturbi del comportamento. Ebbene, sono tutte condizioni cliniche in cui è stato riconosciuto il “malfunzionamento” del sistema endocannabinoide.
- Il web e i social network spesso veicolano informazioni e messaggi falsi o distorsivi per i potenziali pazienti e, in generale, per l’opinione pubblica. Quali consigli suggerisce ai medici per gestire possibili errate convinzioni sull’uso della Cannabis terapeutica?
Il consiglio è quello di ricercare in letteratura, utilizzando il web in maniera virtuosa. Pubmed.org è il più grande motore di ricerca scientifico che riunisce migliaia di riviste accreditate a livello nazionale. Cercare e ricercare. Per quanto concerne i pazienti, tra un paio di anni potranno chiedere al proprio medico di Medicina Generale, il quale saprà dar loro delle risposte o, magari, delle proposte (terapeutiche).
L’intervista è stata realizzata dal Servizio Comunicazione del CEFPAS.