
Nel corso degli anni, con l’avanzare della ricerca in ambito oncologico, la tossicità cardiaca da agenti antitumorali ha rappresentato una problematica crescente. L’analisi dei dati epidemiologici regionali ha permesso di evidenziare come i tumori, per la loro elevata incidenza e gli ingenti costi diretti e indiretti, rappresentino anche per la Sicilia una patologia di estrema rilevanza socio-sanitaria consistente e in aumento, nonché un nodo cruciale sia in termini di salute, sia in termini di spesa sanitaria. Abbiamo intervistato Scipione Carerj, Direttore della Scuola di Specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università di Messina e Responsabile Scientifico del “Corso di Cardio-Oncologia” che si è svolto al CEFPAS il 26, 27 e 28 settembre.
- Cos’è la cardioncologia e l’approccio condiviso del paziente che viene seguito sia dall’oncologo che dal cardiologo?
La cardioncologia in questi ultimi anni è enormemente cresciuta divenendo oggi una sub-specialità che ha un enorme impatto clinico-assistenziale. Questa crescita di interesse verso le problematiche cardio-oncologiche rispecchia il contemporaneo sviluppo che si è registrato, in queste ultime decadi, nell’ambito delle terapie antitumorali, che ha determinato un importante miglioramento della vita dei pazienti affetti da tumore, sia in termini di sopravvivenza sia di qualità di vita. Oggi assistiamo a dei risultati della terapia antitumorale che sino a non molto tempo fa erano del tutto impensabili. L’aumento della sopravvivenza di questi pazienti (che oggi definiamo lungo viventi) e la potenza dei farmaci utilizzati determinano la comparsa degli effetti collaterali legati a queste terapie e, in particolare, gli effetti sull’apparato cardiovascolare, che se non attentamente e precocemente individuati, possono creare seri problemi ai pazienti, sia in termini di qualità di vita che di sopravvivenza. Di qui l’importanza di una sinergia funzionale professionale fra l’oncologo e il cardiologo, che si deve caratterizzare per un continuo confronto ai fini dell’ottimizzazione della gestione diagnostica-terapeutica-assistenziale di ogni singolo paziente.
- Si è diffuso sempre di più il termine “cardiotossicità”. Quali sono le possibili complicanze dei trattamenti anti tumorali che possono impattare sulla salute del cuore?
Le possibili complicanze sul sistema cardiovascolare variano in funzione del tipo di trattamento utilizzato che, a sua volta, varia in funzione del tipo di tumore da trattare. Ci sono ad esempio alcuni farmaci come le antracicline, che hanno un importante effetto cardiotossico e che possono causare un’importante alterazione della funzione ventricolare sinistra, mentre altri farmaci come ad esempio i VEGFI (Vascular Endothelial Growth factors Inhibitors) che hanno un effetto prevalentemente sui vasi, potendo determinare ipertensione arteriosa, ischemie vascolari periferiche e ischemia miocardica.
- I pazienti cardiopatici devono essere sottoposti a dei controlli particolari e che esami devono fare rispetto ai pazienti non cardiopatici?
Questo è un importante argomento che è stato ampiamente trattato nelle linee guida sulla cardioncologia della Società Europea di cardiologia (ESC), pubblicate nell’agosto scorso. In tale documento, si sottolinea l’importanza della stratificazione (clinica e strumentale), del rischio cardiovascolare del paziente affetto da neoplasia già in condizioni basali. A tale fine, bisogna considerare il rischio legato alla terapia medica da praticare e quindi i possibili effetti cardiovascolari ad essa connessa. Poi dall’altra parte, il rischio del paziente dipendente strettamente dalla presenza o meno di una anamnesi positiva per malattie cardiovascolari, dalla presenza di cardiopatia, di fattori di rischio cardiovascolare o altre comorbilità che possono negativamente interferire con l’opzione terapeutica scelta e che quindi devono essere correttamente identificati e trattati, prima di iniziare il trattamento specifico. Quindi in condizioni basali; è di fondamentale importanza la valutazione dei parametri clinici e strumentali e tra questi ultimi quelli elettrocardiografici, ecocardiografici ed i markers bioumorali che consentirà di identificare i pazienti a basso, moderato e alto rischio di sviluppare cardiotossicità durante il continuum del trattamento antitumorale. Per rispondere in maniera completa alla domanda posta, il paziente con storia positiva per malattie cardiovascolari e/o con cardiopatia, o con più fattori di rischio, viene classificato come paziente ad alto rischio, verso il quale bisogna porre una particolare attenzione, effettuando frequenti controlli post-trattamento, al fine di identificare precocemente l’eventuale insorgenza di effetti cardiotossici. Nelle linee guida, il monitoraggio clinico e strumentale è stato ampiamente trattato e viene consigliato di individualizzarlo in base al grado di rischio del paziente e della terapia praticata. Per tale motivo, sono state prodotte delle flow chart riguardanti la frequenza del monitoraggio dei pazienti in base al grado di rischio complessivo.
- Per quanti anni questi pazienti devono essere controllati al cuore per prevenire quelle complicanze cardiache che si manifestano in una fase più tardiva?
Sicuramente sono pazienti che vanno seguiti praticamente per tutta la loro vita, tenendo anche conto che molti di questi farmaci devono essere presi, se non insorgono problematiche particolari, senza particolari limitazioni temporali. Ci sono poi infine le complicanze connesse ad esempio alla terapia radiante che possono insorgere a distanza anche di molti anni dalla fine del trattamento.
- Cardioncologia: quali sono le linee guida europee attuali e quali le prospettive future?
Le ultime linee guida sulla cardio-oncologia sono quelle della società europea di cardiologia, e di fatto sono le prime linee guida pubblicate da questa importante società scientifica. Queste linee guida hanno, a mio avviso, il grande pregio di avere focalizzato alcuni punti importanti della gestione di questi pazienti e fra questi: la dinamicità dell’effetto cardiotossico che raggiunge l’acme nella fase del trattamento, per poi ridursi e riaumentare nel tempo con l’invecchiamento e la comparsa di nuove comorbilità; l’importanza della stratificazione del rischio cardiovascolare e del rischio correlato alla terapia anti-tumorale scelta; l’identificazione di percorsi diagnostici-terapeutici, personalizzati in funzione del rischio individuale e di quello legato alla terapia medica praticata; l’identificazione di percorsi diagnostici terapeutici in particolari condizioni cliniche (es. donna in gravidanza; la diagnosi e il management dei tumori cardiaci primitivi e secondari; il messaggio finale sull’importanza della cardio-oncologia.
Le prospettive future sono quelle di creare dei servizi di cardio-oncologia (come previsto nel decreto assessoriale della Regione Siciliana del 6 dicembre 2019, sulla rideterminazione delle dotazioni organiche delle aziende del servizio sanitario regionale), dove il paziente possa essere preso in carico dal personale sanitario medico e paramedico che abbia maturato un’esperienza clinica specifica in questa disciplina che richiede sicuramente una profonda conoscenza delle problematiche oncologiche e cardiologiche connesse alla gestione di ogni singolo paziente.
- In che modo si può raggiungere l’obiettivo di ridurre il più possibile gli effetti collaterali cardiaci dovuti ai trattamenti oncologici?
L’obiettivo principale della cardioncologia è appunto quello di limitare al minimo gli effetti cardiotossici secondari al trattamento e questo obiettivo può essere raggiunto con una identificazione precoce dell’effetto cardiotossico e l’attuazione di terapia medica cardioprotettiva appropriata, oltre che ad una eventuale rimodulazione della terapia anti-tumorale, il tutto in piena collaborazione con l’oncologo. Per ottenere questi risultati, è necessaria un’ampia sensibilizzazione nei confronti di tale problematiche, sia del personale sanitario che non sanitario, effettuando corsi di formazione, come questo organizzato al CEFPAS, e utilizzando altri canali di divulgazione istituzionali come ad esempio i mass media. Ovviamente tutto deve passare attraverso l’attuazione, nelle aziende sanitarie della Regione,di percorsi diagnostici, terapeutici assistenziali specifici e, a tale fine, bisogna ricordare che l’Assessorato della salute della nostra Regione, nel 2018 ha pubblicato, primo in Italia, un PDTA di cardioncologia, dove sono stati riportati i maggiori criteri diagnostici-terapeutici assistenziali da osservare e fare applicare nelle diverse aziende sanitarie regionali. Per tale motivo, possiamo affermare che la strada è stata tracciata, certamente va ottimizzata e aggiornata periodicamente, al fine di rendere l’organizzazione complessiva più funzionale alla cura di questi pazienti.
L’intervista è stata realizzata dal Servizio Comunicazione del CEFPAS.