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I principali vantaggi e svantaggi del modello open access: l’intervista a Luca De Fiore

Luca De Fiore è direttore del Pensiero Scientifico Editore

Luca De Fiore è direttore del Pensiero Scientifico Editore. Fa parte del gruppo di lavoro “Illuminiamo la salute” che promuove l’integrità nel servizio sanitario nazionale. Dal 2012 al 2018 è stato presidente della Associazione Alessandro Liberati Cochrane Affiliate Centre. Il suo principale campo di interesse – oltre al calcio – è la comunicazione scientifica e in questo ambito svolge attività di revisione critica per riviste internazionali. Inoltre, è l’autore del libro “Sul pubblicare in medicina. Impact factor, open access, peer review, predatory journal e altre creature misteriose”.

  • Luca De Fiore lei è il direttore del Pensiero Scientifico, casa editrice che pubblica libri e riviste in campo sanitario; conosce quindi a fondo il mondo di questo settore dell’editoria. Cosa l’ha spinto a scrivere un libro sul tema della pubblicazione in medicina?

Mi capita molto spesso – troppo spesso, direi – di rispondere alle domande di amici medici, infermieri e dirigenti sanitari che chiedono un parere sull’autorevolezza di una rivista, sull’impact factor di un periodico (talvolta pensando sia legato all’indicizzazione in banche dati come Medline o Scopus) o sull’opportunità di accogliere l’invito a scrivere un articolo da parte di una rivista sconosciuta. Quindi, c’è innanzitutto la speranza di poter essere d’aiuto a una comunità scientifica abbastanza disorientata. Ma c’è anche un’altra ragione, più personale. Il mestiere di editore ti mette al centro di una rete di persone – i “tuoi” autori e collaboratori – che hanno grandi competenze ed esperienza: nel mio caso, clinici e ricercatori di grande prestigio anche a livello internazionale che per amicizia o consuetudine finiscono con il considerarti uno di loro. Ecco, decidendo di preparare questo libro ho desiderato tracciare il perimetro della mia competenza, come per dire: mi occupo di questo, di editoria scientifica. Non sono né un epidemiologo, insomma, né un ricercatore.

  • Una delle maggiori innovazioni nel campo delle pubblicazioni in medicina viene considerato il modello open access: In che cosa consiste e quali sono, secondo lei, i principali vantaggi e svantaggi di questo modello nell’editoria scientifica?

L’open access è nato come risposta concreta a un’esigenza molto sentita e giustificata: la ricerca finanziata con risorse pubbliche deve essere accessibile senza alcun costo sia dai professionisti sanitari sia dai cittadini. Difficile non essere d’accordo con questo principio. Solo che, invece di assistere alla costruzione di repositories istituzionali (gestiti dai ministeri della Salute o da agenzie sanitarie), sono nate case editrici che hanno iniziato a pubblicare centinaia di riviste capovolgendo il modello di publishing che esisteva dalla fine del Seicento: a pagare il costo della pubblicazione non sarebbe stato più il lettore ma l’autore. È la tipica innovazione che non ha portato vantaggi: i costi del sistema sono sempre a carico delle istituzioni (gli autori non pagano quasi mai personalmente le spese di pubblicazione, lasciando siano i loro enti a farlo) e i ricavi (e gli enormi utili economici) continuano ad arricchire le aziende editoriali. Inoltre, una cosa importante: il modello open access ha deprezzato il valore dei contenuti scientifici – dopotutto chiunque riesce a pubblicare, a condizione che paghi qualche centinaio o migliaia di euro – e ha compromesso la fisionomia delle riviste scientifiche che – da spazio di discussione e dibattito – sono diventate dei meri contenitori di articoli e documenti. Con importanti eccezioni, ovviamente, dal momento che alcune riviste molto conosciute sono rimaste fortunatamente fedeli alla loro missione originale.

  • Nel libro lei dedica un capitolo alle “riviste predatorie” ed ai “paper mill”: ci può spiegare il significato di questi due concetti e gli effetti che hanno oggi sulle pubblicazioni scientifiche?

Il termine riviste predatorie si riferisce a quei periodici di recente fondazione caratterizzati da una condotta estremamente aggressiva nei confronti degli autori, ai quali inviano regolarmente inviti a pubblicare articoli a pagamento o a far parte di comitati scientifici. Spesso dichiarano il falso asserendo di essere indicizzate sulle più note banche dati bibliografiche e di avere un impact factor che in realtà non è stato loro assegnato per la scarsa qualità dei contenuti. Legato all’editoria “predatoria”, il fenomeno dei paper mills: si tratta di agenzie che producono articoli sulla base di dati costruiti ad hoc teoricamente basati su studi che in realtà non sono stati mai né disegnati, né svolti. Questi articoli fraudolenti sono letteralmente messi all’asta – pubblicamente, senza alcuno scrupolo – e le firme vendute a potenziali autori che hanno bisogno di pubblicare per finalità di carriera. Come nelle pubblicità delle agenzie immobiliari gli appartamenti a un piano alto hanno un costo maggiore, anche in questo tipo di mercato la prima e l’ultima posizione hanno un prezzo più elevato, perché sono più utili ai fini concorsuali.

  • Che cosa si potrebbe fare per migliorare la qualità ed evitare le frodi nel mondo dell’editoria medica moderna? Alla luce delle problematiche trattate nel libro, quali sono cioè le sue proposte per ripensare e riformare il sistema dell’informazione scientifica e chi dovrebbe attuarle?

Migliorare la situazione dell’editoria e della comunicazione scientifica non è semplice, perché è un problema di sistema e tutte – o quasi – le componenti coinvolte (centri di ricerca, editori scientifici, industrie farmaceutiche e alimentari) traggono vantaggi dalle nuove dinamiche che si sono determinate negli ultimi decenni. Tutte le professioni si sono dotate di codici etici che, se fossero rispettati, non lascerebbero spazio ai comportamenti a cui assistiamo: quindi, non sono necessarie nuove regole. Servirebbe maggiore consapevolezza del problema da parte dei professionisti sanitari. Ma, soprattutto, è necessario che cresca nella società civile la conoscenza delle dinamiche della ricerca scientifica e questo può avvenire ripartendo dai bambini: insegnando già negli ultimi anni della scuola primaria i principi del metodo scientifico e l’importanza dell’integrità nella ricerca.

  • Oggi si parla molto dell’Intelligenza Artificiale e delle sue conseguenze che sembrerebbero coinvolgere in pratica tutti gli aspetti della vita umana. In questo settore che effetti, positivi e negativi, potrebbe avere? Si può immaginare che l’IA arrivi a simulare articoli credibili su ricerche inventate?

Già oggi l’intelligenza artificiale (IA) ben guidata è in grado di preparare contenuti scientifici credibili. Questo lo dobbiamo sia ai progressi compiuti nell’attività di machine learning – vale a dire nell’addestramento di questi sistemi – sia alla qualità media dell’informazione scientifica: in altri termini, se i contenuti che leggiamo sulle riviste scientifiche fossero di migliore qualità, il compito dell’intelligenza artificiale sarebbe più difficile. Però – ed è finalmente una buona notizia – l’intelligenza artificiale dà anche l’opportunità di contrastare le falsificazioni: molte redazioni già ora utilizzando dei software o strumenti di IA che sono in grado di identificare dei contenuti plagiati da altre fonti non citate o delle immagini manipolate. È probabile che nei prossimi anni assisteremo a un confronto – o a un conflitto – tra l’IA utilizzata per manipolare l’informazione e la stessa IA usata per migliorare i contenuti, rendendoli per esempio più comprensibili, più completi e, in fondo, più utili ai lettori.

L’intervista è stata realizzata dal Servizio Comunicazione del CEFPAS.

I principali vantaggi e svantaggi del modello open access: l’intervista a Luca De Fiore

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