
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’allattamento esclusivo al seno almeno per i primi sei mesi di vita e fino a 2 anni. Se per molte mamme l’allattamento al seno è un processo istintivo, per altre non è così automatico e possono aver bisogno di aiuto e sostegno nei primi tempi dopo il parto. Per allontanare incertezze, informazioni errate e dubbi in tema di allattamento, approfondiamo il tema con la dott.ssa Simona La Placa, Direttore dell’Unità operativa della Struttura complessa di Neonatologia dell’Ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani.
- Quali iniziative avete promosso per supportare le donne in gravidanza e le neomamme riguardo al tema dell’allattamento?
È proprio così perché l’allattamento al seno “funzioni” è necessario parlarne sempre e ovunque! Infatti, ciò che in passato era assolutamente implicito oggi non lo è più. Per questo, sin dalle prime settimane di gravidanza, nei corsi di accompagnamento al parto con ostetriche e ginecologi, parliamo di allattamento al seno e dei suoi vantaggi. E continuiamo subito dopo il parto, non senza fatica, a implementare tutte quelle pratiche raccomandate dall’OMS e Unicef per far sì che l’allattamento abbia successo: dal contatto pelle a pelle in sala parto al rooming-in (forma di assistenza post-parto, ndr), permettendo a madre e neonato di restare insieme 24 ore su 24. Purtroppo tutto questo non sempre è sufficiente, perché per riappropriarci dell’allattamento al seno come parte della nostra cultura umana sarebbe fondamentale parlarne anche al di fuori del contesto “gravidanza”, ad esempio nelle scuole con coloro che un giorno saranno i futuri genitori, ma anche nei centri commerciali, dove vince la logica del marketing o in aeroporto come avvenuto a Trapani con punti dedicati “mamma-stop”, e a maggior ragione dal proprio medico curante. In sintesi, ogni buona occasione è buona, ancor prima della gravidanza. Senza dimenticare che come professionisti sanitari tutto ciò ci riguarda e la formazione del personale, coinvolto dalla gravidanza al puerperio e anche dopo, è imprescindibile: il successo dell’allattamento al seno è nostra responsabilità. Tra le buone prassi in terapia intensiva neonatale (TIN), proponiamo alle neomamme di tirarsi il latte sin da subito e quindi ne promuoviamo la raccolta spiegando loro tutte le norme igieniche da rispettare in reparto così come a casa e quindi in reparto per la sicurezza e in questo modo sollecitiamo le mamme sull’importanza del latte umano per i piccoli prematuri. Altra strategia che ripaga è la collaborazione con le realtà associative dalle volontarie di “Mani di Mamma” con i loro manufatti in maglia per la cura del neonato a “Nati per leggere” che attraverso la lettura in ogni istante della vita, dalla gravidanza a seguire, promuovono la lettura come esperienza fondamentale per lo sviluppo cognitivo dei bambini e occasione di crescita dei genitori con i propri figli.
- Il latte materno è fondamentale nei primi sei mesi di vita del bambino e fino all’età di 2 anni: ci spiegherebbe perché e in che modo si può favorire la produzione di latte?
Accennavo prima ai vantaggi: in prima istanza quelli nutrizionali, quale miglior alimento, cosiddetto specie-specifico, se non il latte della propria mamma, e quindi quelli relazionali tra madre e neonato, oltre che sociali, se pensiamo ai costi dei latti cosiddetti “in formula” e il relativo impatto ambientale. Non trascurerei per la donna i vantaggi in termini di protezione dal tumore al seno e per il neonato di protezione dalle infezioni, così come per il futuro bambino di migliori performance sul versante cognitivo-comportamentale. Cosa fare per favorire la produzione del latte? Il presupposto è che la sua produzione è un processo fisiologico che ha una variabilità tra donna e donna, ma non dobbiamo temere di non avere latte. Certamente allattare il proprio piccolo spesso, sin dalle prime ore, così come per la donna essere ben idratata, aiuta in attesa della montata lattea.
- Quali consigli può dare a tutte le mamme che non riescono ad attaccare il bimbo al seno?
Subito dopo il parto c’è spesso il desiderio di allattare ma anche tanta stanchezza, trovare un equilibrio non è semplice. Potrebbe tornare utile certamente una corretta posizione durante la poppata. Se da un lato la mamma deve essere comoda e rilassata (so bene che non è sempre facile) ed è preferibile sempre il contatto pelle a pelle, dall’altro il neonato dovrà avere la bocca bene aperta, in modo da prendere in bocca non solo il capezzolo, ma anche parte dell’areola. E soprattutto non dobbiamo guardare l’orologio, ma soprattutto dobbiamo imparare a cogliere i primi segni di fame (mi muovo, apro la bocca, mi giro in cerca del seno) piuttosto che arrivare affamati (piango, mi agito, divento rosso) … prima dobbiamo calmare il neonato (con il contatto pelle a pelle, il tono della voce, accarezzandolo).
- Come si affronta l’allattamento nei bambini nati prematuri?
Se il latte materno fa già la differenza nel neonato a termine di gravidanza, immaginiamo i vantaggi nel neonato esposto ai rischi della prematurità. Nei neonati molto piccoli per età gestazionale, particolarmente nelle prime e più̀ critiche fasi della vita, in quanto il latte materno, o comunque il latte umano donato, migliora significativamente la prognosi di questi bambini promuovendo uno sviluppo fisiologico e proteggendo il loro organismo ancora immaturo da molte condizioni patologiche a breve e a lungo termine: NEC, sepsi, ROP, BPD, esiti neuroevolutivi sfavorevoli. Per tutti questi motivi, anche il neonato che non è in grado di succhiare verrà nutrito attraverso il sondino oro-nasogastrico ma con il latte materno e soprattutto, quando le sue condizioni lo permettono, in braccio a sua madre o meglio sul petto, coinvolgere le mamme (e i papà) nel processo di cura attraverso il contatto pelle a pelle, la canguro-terapia.
- Quanto è importante promuovere la diffusione della banca del latte umano donato all’interno delle Terapie Intensive Neonatali?
È proprio per quei neonati, che spesso sono ricoverati in Terapia Intensiva Neonatale (TIN) e purtroppo non possono beneficiare fin dai primi momenti del latte della propria mamma in quantità̀ sufficiente a soddisfare i propri fabbisogni, che è di fondamentale importanza avere a disposizione latte umano donato, come raccomandato da OMS, ESPGHAN e AAP e le Banche del Latte Umano Donato (BLUD) rivestono un ruolo fondamentale nel rispondere a questa esigenza. E per questo a Trapani ci stiamo organizzando, mentre storicamente a Palermo e poi a Catania e Messina nel corso di questi ultimi anni le BLUD sono già una realtà concreta e operativa. Sta noi a Trapani ora lavorare per entrare ad essere parte di questa rete.
- Allattare è un gesto bellissimo, ma a volte può rivelarsi difficoltoso. In che modo è possibile aiutare le mamme e dare loro un supporto psicologico?
Grazie per la domanda che mi porta ad aggiungere, rispetto a quanto già detto relativamente alle iniziative promosse per favorire l’allattamento al seno, che anche per l’integrazione ospedale-territorio abbiamo introdotto una buona prassi condivisa con il Servizio di Psicologia della Cittadella della Salute per un sostegno psicologico alle famiglie e anche al personale sanitario per il rischio di burn-out in contesti di cure intensive come la neonatologia.
- A fine aprile si è tenuta la seconda Conferenza Regionale di Promozione dell’Allattamento in Sicilia in cui è emerso che nell’Isola l’allattamento esclusivo al seno decresce dal 62%, al momento della nascita, al 20% ai sei mesi di vita. In che modo si può ovviare a tale problema e dunque promuovere la salute neonatale? Questi dati ci interrogano: dove abbiamo fallito? Quanto il Covid e la sua gestione, soprattutto nelle fasi iniziali, ha condizionato il dato?
I dati siciliani sono sovrapponibili a quelli nazionali, altrettanto non confortanti. La Società Italiana di Neonatologia riporta: nei primi giorni di vita il 90% delle donne italiane comincia ad allattare al seno, alla dimissione dall’ospedale la percentuale scende al 77%, al 31% a 4 mesi e al 10% delle mamme continua ad allattare oltre i 6 mesi di vita. È necessario quindi correggere il tiro, come? Il modello ideale sarebbe quello dell’assistenza domiciliare post-dimissione per mamma e neonato a sostegno dell’allattamento al seno, purtroppo difficilmente realizzabile in atto per la carenza di risorse e personale da dedicare. In alternativa un ambulatorio post-dimissione in cui le neomamme e i neopapà possono afferire anche per consigli, rassicurazioni, suggerimenti fa certamente la differenza. Riguardo al Covid, le norme per contenerne la diffusione, hanno giocato certamente un ruolo. In TIN, ad esempio, è stato inevitabile intervenire, più per limiti strutturali, riducendo il tempo a disposizione dei genitori per l’ingresso in reparto, peraltro alternandosi e mamma e papà mai insieme, su appuntamento. Tutto questo è ben lontano da quel modello di TIN che ci piacerebbe realizzare di una TIN aperta h24 in cui i genitori sono parte del percorso di cura reciproca noi per i loro bambini e loro con noi.
- Lei è il Direttore del reparto di Terapia Intensiva Neonatale a Trapani, il reparto ospedaliero dove sono ricoverati i bambini con gravi problemi alla nascita. In questo reparto voi medici siete sempre cauti, spesso mettete in guardia le madri verso il rischio di gravi complicazioni. Ogni momento può potenzialmente essere determinante?
I rischi legati alla prematurità sono davvero tanti, più bassa è l’età gestazionale e il peso alla nascita, e la cosiddetta morbilità, oltre che la mortalità, nonostante i progressi fatti in medicina perinatale e neonatologia sono elevate. Il ricovero in TIN è un tempo lungo e quello che a noi come neonatologi preme è ridurre al minimo quelli che possono essere gli esiti maggiori a distanza, a breve e lungo termine, per i quali paghiamo a volte un prezzo molto alto in termini di sanità pubblica oltre al costo sociale, e aggiungerei emotivo da parte delle famiglie. L’obiettivo non è solo andare a casa ma andare a casa nelle migliori condizioni possibili e le migliori prospettive in termini di qualità di vita.
- Il momento della dimissione dalla Terapia Intensiva Neonatale rappresenta un momento molto importante per il neonato prematuro e per la sua famiglia. Il bambino è cresciuto, è in grado di alimentarsi e ha raggiunto un equilibrio e un grado di benessere tale da non richiedere più la presenza quotidiana di personale sanitario. È opportuno che la famiglia venga preparata a gestire questa fase delicata?
Assolutamente sì! Ci si prepara alla dimissione dopo lunghe settimane, se non addirittura mesi per chi nasce estremamente prematuro, di attesa anche in questo caso come alla nascita i genitori non vedono l’ora che arrivi questo momento ma certamente come per la nascita, e in questi casi la dimissione dalla TIN è una seconda nascita c’è sempre un po’ di apprensione. Ci prepariamo “insieme” a questo momento ricoverando per alcuni giorni la mamma con il suo bambino in una degenza dedicata al di fuori della TIN, una sorta di training pre-dimissione. Altro passo fondamentale è il coinvolgimento, nei casi più complessi al momento della dimissione, del pediatra di libera scelta che prende in carico il piccolo dopo la dimissione. Il follow-up post-dimissione, cioè quel percorso attraverso il quale seguiremo il piccolo nelle sue diverse fasi di sviluppo e crescita fino ai due anni e in alcuni casi anche dopo, è proprio un lavoro di squadra oltre che di rete con i servizi del territorio, ahimè, quando è necessario ovviamente non senza difficoltà … ma di questo magari ne parliamo la prossima volta.
L’intervista è stata realizzata dal Servizio Comunicazione del CEFPAS.