
Nel reparto di Pediatria dell’Ospedale “Umberto I” di Enna, in seguito ad un accordo di collaborazione tra il CSMH di Palermo, il CEFPAS e l’ASP di Enna, è stato avviato uno studio che ha come oggetto principale di osservazione la valutazione dell’efficacia della collaborazione fra il pediatra e lo psicoterapeuta dell’età evolutiva, esperto in osservazione psicologico-clinica, nella prevenzione e promozione della salute attraverso l’individuazione e la presa in carico delle origini psicologiche e/o relazionali di alcune manifestazioni sintomatiche frequenti nell’infanzia e nell’adolescenza. In linea con i principi espressi dall’OMS, si riconosce l’importanza di affiancare la figura dello psicologo, specializzato in psicoterapia dell’età evolutiva, a quella del pediatra per una integrazione di saperi, conoscenze e metodi terapeutici. Diventa sempre più necessario, infatti, mantenere una visione globale del bambino e dell’adolescente tenendo conto sia degli aspetti organici che di quelli psicologici. Lo studio in corso sarà presentato il 24 maggio al CEFPAS in occasione del Convegno “Pediatri e psicoterapeuti dell’età evolutiva: insieme in un nuovo percorso di diagnosi e cura”. Ce ne parlano le dottoresse promotrici del progetto: Anna Maria Millauro, Pediatra, Responsabile del reparto di pediatria dell’ospedale “Umberto I” di Enna; Maria Luisa Mondello, Psicologa e psicoterapeuta dell’età evolutiva, modello Tavistock, Presidente del Centro Studi Martha Harris di Palermo e Lara Di Venti, Psicologa e psicoterapeuta dell’età evolutiva, modello Tavistock, CSMH di Palermo.
- Qual è l’obiettivo del progetto frutto di un accordo di collaborazione tra il CSMH di Palermo, il CEFPAS e l’ASP di Enna?
Risponde Anna Maria Millauro:
“L’obiettivo è quello di poter condividere la nostra esperienza con i pediatri delle altre ASP siciliane e con le figure istituzionali responsabili dei cambiamenti strutturali nella sanità pubblica. Ci piacerebbe che il convegno potesse promuovere un’azione formativa che permetta agli altri colleghi di poter acquisire e applicare il metodo di lavoro da noi sperimentato, per una nuova e più completa visione del paziente”.
- Perché è fondamentale un approccio multidisciplinare dato dalla collaborazione tra lo psicoterapeuta in età evolutiva e il pediatra?
Risponde Maria Luisa Mondello:
“Come afferma Damasio (Damasio A.,2010): ‘Collocare la costruzione della mente cosciente nella storia della biologia e della cultura apre la strada alla riconciliazione fra l’umanesimo tradizionale e la scienza moderna’. Esigenza che ha la sua naturale riverberazione nel gesto di cura del bambino, sempre meglio pensato, come del resto accade anche per l’adulto, in tutti i suoi aspetti somato-psichici, non più considerabile come oggetto dell’attenzione divaricata tra quanti si occupano del corpo e quanti si occupano della mente. Senza rinunciare alla specificità dello sguardo medico e psicologico, pare opportuno che accanto al bambino e ai genitori, possa intrecciarsi una competenza nutrita dalla specificità professionale di pediatra e psicoterapeuta dell’età evolutiva, per cogliere insieme gli andamenti della crescita tanto nella funzione di sostegno di percorsi, prassi validamente funzionali al buon andamento, che in un’ottica di comprensione diagnostica e di cura integrata, in grado di cogliere a tutto tondo le condizioni di patologia/problematicità”.
- Quali sono i risultati emersi dallo studio?
Risponde Lara Di Venti:
“A differenza di quanto ci aspettassimo relativamente alle possibili resistenze da parte dei piccoli ricoverati e dei loro genitori, la psicoterapeuta, figura nuova per il reparto, è stata prevalentemente ben accolta dai pazienti e dalle loro famiglie. Più difficile quantificare, durante i giorni della mia presenza in reparto (due mattine a settimana), i colloqui effettuati con pazienti e genitori, a volte motivati dalle segnalazioni dei pediatri, a volte generati dal fatto stesso che fossi lì a presentarmi a loro nelle stanze o in sala giochi, altre volte ancora richiesti proprio dai genitori. Colloqui che non sempre hanno avuto la possibilità di una certa continuità nei giorni seguenti, proprio a causa della non costante mia presenza rispetto ai tempi previsti dai vari ricoveri. Per questo motivo, dal novembre 2022 è stato attivato un ambulatorio psicologico al quale si accede attraverso una prescrizione del pediatra di base e che prevede 8 incontri. In circa 13 mesi di lavoro ambulatoriale, cioè circa 60 settimane, sono stati effettuati quasi 200 colloqui con bambini, adolescenti e genitori. Alcuni di questi hanno riattivato il servizio con una successiva nuova prescrizione di altri otto incontri”.

- In che modo si può estendere il modello di Enna a tutte le ASP siciliane?
Risponde Anna Maria Millauro:
“La strada più efficace prevede che siano proprio le figure istituzionali invitate al congresso a comprendere, accogliere e promuovere questo progetto, al fine di creare le possibilità giuridiche per un cambiamento verso una nuova visione del paziente. Auspichiamo che si possano fare i giusti atti deliberativi, così come previsto per la medicina di base (legge n. 3215/2010), anche nell’ambito dell’età evolutiva, che prevede una sua specificità di approccio al paziente”.
- Cosa prevede il metodo osservativo secondo il modello Tavistock?
Risponde Lara Di Venti:
“Il metodo osservativo ha alcune peculiarità tecniche che lo rendono versatile e applicabile a diversi ambiti lavorativi che riguardano infanzia e adolescenza. Innanzitutto, non si utilizzano griglie, schemi o liste predefinite di elementi da osservare, l’unico strumento utilizzato è la mente dell’osservatore, al quale sono richiesti però un’impostazione ed un atteggiamento ben precisi.
Una caratteristica importante di questo metodo è proprio la sospensione del pensiero, dell’azione e del giudizio durante il processo di osservazione. Ad esempio, sospendere il pensiero vuol dire non chiedersi il motivo o la causa del gesto di un bambino, non interpretare nulla nel corso dell’esperienza. Concretamente dunque si tratta di concentrare la propria attenzione sul bambino senza interagire né con lui né con le altre persone che lo circondano e magari si stanno occupando di lui in quel momento. Si può già intuire come quest’operazione non sia semplice, perché siamo naturalmente portati a comportarci in maniera contraria.
- Qual è la novità dell’ambulatorio psicologico sperimentato nel reparto di pediatria dell’ospedale Umberto I di Enna?
Risponde Lara Di Venti:
“I servizi pubblici dedicati allo sviluppo psicologico di bambini e adolescenti sono spesso oberati da richieste per valutazioni e diagnosi, le liste d’attesa sono lunghissime e la priorità viene data ai casi di disagio già evidenti e conclamati. Il bonus psicologico, seppur nella sua utilità, prevede un numero massimo di accettazione di richieste, dunque non ci risulta che fattivamente in Sicilia ci sia la possibilità, per qualsiasi famiglia, di usufruire di un servizio pubblico di psicoterapia attraverso una regolare prescrizione dei pediatri e dei medici di base, con i quali, tra l’altro, sto cercando di avviare un lavoro di confronto sui pazienti seguiti sia nella presa in carico che alla fine del percorso. Sono proprio i pediatri di base ad essere il costante riferimento delle famiglie, più che i medici ospedalieri, ancor meno gli psicoterapeuti. Dunque ritengo fondamentale per il benessere dei più piccoli che gli adulti che si prendono cura della loro crescita (familiari e professionisti) sappiano confrontarsi, al fine di arricchire i loro punti di vista, generando uno sguardo quanto più completo, virtuoso e benefico per il sano sviluppo delle nuove generazioni.
- Cosa ne pensa della proposta di legge n. 3215/2010 per istituire la figura dello psicologo in affiancamento sia al medico ospedaliero che al medico di base?
Risponde Anna Maria Millauro:
“Penso che la presenza dello psicoterapeuta a fianco del medico sia non solo auspicabile, ma necessaria. Il paziente non è solo un corpo malato, ma il risultato di problematiche fisiche e psicologiche che spesso sono all’origine di patologie delle quali vediamo solo la parte organica. Convinti di questo abbiamo avviato il progetto di cui cogliamo ogni giorno i frutti, comprendendo manifestazioni sintomatologiche non sempre diagnosticabili secondo i classici criteri medici”.

- Quanto è importante l’incontro tra lo psicoterapeuta, i bambini e i genitori per riscontrare i primi segnali di difficoltà sul piano emozionale e relazionale?
Risponde Maria Luisa Mondello:
“Sottolineerei non solo la possibilità, nel corso dell’incontro pediatra psicoterapeuta e paziente, di poter apprezzare, in modo prevalente difficoltà sul piano emozionale e relazionale, ma in un’ottica integrata, la possibilità di affrontare della malattia fisica, gli ovvi correlati relativi all’esperienza che viene vissuta, le ricadute nella vita familiare, nella crescita, in modi attenti e di sostegno al bambino e a chi se ne prende cura.
Malattie come il diabete o l’epilessia, ad esempio, comportano vissuti nei genitori, nell’ambiente, e ovviamente nel bambino che, al di là della considerazione di come sono accolte/rifiutate (com’è vissuto il danno, le proiezioni per la vita futura), possono creare secondariamente modalità relazionali e intrapsichiche specifiche, a volte problematiche, a cui prestare attenzione e cura, non solo per evitare danni psicologici secondari, ma anche nell’ottica specifica di una buona presa in carico degli andamenti della stessa malattia nella sua accezione organica”.
L’intervista è stata realizzata da Ilenia Inguì, Dirigente Servizio Comunicazione del CEFPAS.